Don Dino Foglio

Un allenatore nello Spirito al Gaver

È difficile dire quanti talenti abbia ricevuto il caro Don Dino dal Padre Buono!

È certo, però, che alcuni dei tanti talenti ricevuti li abbia impiegati in quel luogo che lui ha sempre definito come una “palestra dello Spirito”, il Gaver, appunto, o meglio, il suo tanto amato “Villaggio Paolo VI”. Un amore che nasce, probabilmente, anche dal fatto che il Gaver è a pochi chilometri dal suo amato paese natio, Bagolino.

Quali talenti? Sicuramente il desiderio di creare un luogo decoroso e accogliente, che rivelasse l’impronta dello Spirito ed invogliasse alla preghiera, preparando una cappella semplice ed originale. Nei saloni adibiti alle catechesi o alle attività dei corsi, ma anche nei luoghi più comuni, come la cucina o le stanze. Aveva premura che tutto fosse il più possibile accogliente per i fratelli, che arrivavano da tutta Italia, considerando anche le più piccole cose, come i fiori sui davanzali delle finestre in refettorio.

 

“Grazie , Signore! Guardando alla mia vita non posso che rilevare una grande constatazione:

sono stato – nonostante i miei limiti – il prete più “fortunato” della Diocesi”.

Dal Testamento Spirituale. Don Dino Foglio

 

Quale passione per le anime in tutti questi anni! Durante le settimane che si avvicendavano, cercava il più possibile di esortare, durante le omelie, di incoraggiare e di rendere il clima sempre gioioso e nello stesso tempo contemplativo. Quante volte la luce della sua piccola stanza rimaneva accesa fino a tarda notte: ascoltava fratelli e sorelle che desideravano consigli, esortazioni, preghiera e dava a qualcuno, prontamente ed amorevolmente, qualche piccola “tirata d’orecchi”.

Di ogni settimana considerava momenti fondamentali la penitenziale ed il deserto. Erano guai seri se non si teneva conto di questi appuntamenti: il primo, era l'incontro con la misericordia di Dio, mentre il deserto era il giorno in cui ciascuno poteva incontrare Gesù nella solitudine, a contatto con la natura e con la sola Parola di Dio. Al termine di questi due momenti, la sua gioia più grande era constatare, attraverso le testimonianze, quanto Dio potesse parlare a ciascuno ed in maniera diversa e personale.

 

Ma il suo cuore di padre si scioglieva, in particolare, nelle settimane per i giovani: Don Dino diventava, anche in questi ultimi anni, un vero e proprio “condottiero di anime”, mostrando sempre la bellezza e il dono di seguire Gesù, per essere santi nel corpo e nello spirito. Sapeva essere giovane tra i giovani quando, per esempio, invitava i giovani stessi a stare a contatto con le meraviglie del Creato, attraverso passeggiate, giochi all’aperto e, non ultimo, pregando e cantando. Sapeva essere saggio, indicando sempre Colui che è Via, Verità e Vita.

 

Ma il talento più prezioso del Don consisteva in quello che è così ben espresso nella nota iscrizione posta a fianco del tabernacolo (così come anche nella sua cappella privata a Brescia):

 

“Guarda colui che ti guarda

Ascolta colui che ti parla

Ama colui che ti ama”

 

Don Dino è stato il testimone della preghiera. Spesso lo si vedeva raccolto in cappella, davanti all’edicola della Madonna, all’aperto, o nei momenti di preghiera comunitaria. Oppure stupiva tutti prendendo la macchina fino al Passo Croce Domini, a 2000 metri di altezza, la posteggiava e, inoltrandosi per qualche stradina di montagna, si sdraiava su un prato e, guardando al cielo, gridava:

”Che bello, Signore! Quanto sei grande!”.

Gli bastava poco per ritemprare lo spirito e, così, faceva ritorno al Villaggio Paolo VI ed era pronto per un altro… allenamento!